Toccati dalla SM: la salute psichica dei familiari in primo piano

Rivista FORTE

Anche i familiari delle persone con SM vivono per esperienza diretta gli effetti di questa patologia; in alcuni casi, sostengono i loro cari per anni. L’intervista con Andrea Eisler, psicologa specialista in psicoterapia FSP, fa luce sul possibile stress psicologico e sulle strategie per affrontarlo.

Signora Eisler, quali sfide in ambito psichico le descrivono le pazienti e i pazienti che assistono familiari colpiti da malattie croniche?

Una malattia cronica come la sclerosi multipla viene spesso descritta come un ospite indesiderato che è sempre presente. Tutto ciò che in un rapporto dava stabilità può essere scosso dalla diagnosi, che si porta via anche la spensieratezza. I progetti di vita e le idee devono essere ripensati e la malattia deve essere integrata nei progetti di vita. Questo può scatenare paure esistenziali e future, rabbia, impotenza o sensi di colpa. «Posso continuare a dedicarmi al mio hobby senza sentirmi in colpa?» Può manifestarsi anche vergogna: «La malattia si legge in faccia al mio partner? Come appare visto dall’esterno?» Questi e altri aspetti possono mettere a dura prova i familiari a livello psicologico.

Ha parlato dei sensi di colpa. Cosa può essere utile per affrontarli?

È importante sapere che il senso di colpa è assolutamente umano. Cercare di esprimere, parlare di questi sentimenti e accettarli può aiutare ad affrontarli, sia con la o il partner che confrontandosi con altre persone che si trovano in una situazione simile.

Queste sfide possono cambiare nel corso del tempo?

Sì, le sfide possono cambiare soprattutto nelle fasi di peggioramento della malattia. Sia le persone con SM che i loro familiari sono chiamati ogni volta a imparare a conviverci. Se si verificano limitazioni maggiori, ciò può anche significare stipulare nuovi accordi e definire nuovi ruoli all’interno di un rapporto. Quanto aiuto è richiesto? Quanta autonomia è possibile? In caso di malattia cronica, il processo di elaborazione non ha un vero e proprio termine. Ci possono essere fasi più tranquille, ma resta fondamentale affrontare costantemente nuove circostanze, elaborare insieme le battute d’arresto e riflettere su come procedere.

La dinamica dei rapporti tra le persone colpite e i familiari che le assistono può cambiare nel corso della malattia?

I cambiamenti che si verificano in ogni relazione vengono amplificati da una malattia e possono modificarne le dinamiche. Lo stesso vale per la ripartizione dei ruoli e delle mansioni: forse un partner in passato si è fatto carico di mansioni più impegnative dal punto di vista fisico, mentre l’altro si è fatto carico del lavoro mentale.

Un tema spesso trascurato è la dignità, la propria e quella dell’interlocutore. Si tratta di imparare a rispettare i limiti dell’altro e i propri, ad esempio, nell’assistenza. Fino a che punto desidero essere assistito? Dove si rispettano i limiti di entrambe le parti? Ciò richiede negoziati costanti e la disponibilità ad accettare anche aiuti dall’esterno. In generale, una comunicazione aperta e l’ascolto sono indispensabili nelle relazioni, anche se può essere difficile. Di cosa posso e devo parlare? Cosa ci tiene uniti? Cosa ci piace l’uno dell’altra? Si tratta di sfruttare e curare le risorse comuni nella relazione.

Del successo di una relazione sono responsabili entrambe le parti. Dove finisce la responsabilità di una persona e dove inizia quella dell’altra?

Esatto, la riuscita di una relazione dipende da entrambe le parti. Inoltre, entrambi hanno diritto a esprimere la propria volontà. Un sostegno «non richiesto», che si tratti solo di un consiglio in buona fede o di rispondere al posto della persona, può essere percepito come un’ingerenza. Di conseguenza, è importante imparare a formulare le proprie esigenze e a dire quando c’è qualcosa che non va. Bisogna però anche lasciare spazio all’interlocutore e fidarsi delle sue affermazioni, evitando di metterle continuamente in discussione.

In che modo il sostegno fornito a un familiare con SM provoca sovraccarico o esaurimento?

Una persona sana ha spesso l’idea del «devo funzionare» e si fa carico di tutto il peso. È un aspetto che va messo in discussione ed è importante capire cosa si può fare senza ammalarsi. L’esaurimento o il sovraccarico possono manifestarsi anche attraverso regolari delusioni, quando ad esempio le attività comuni pianificate all’improvviso non riescono. In questo contesto è importante non mollare, continuare ad andare avanti insieme ed esprimere i propri sentimenti. Invece di arrabbiarsi l’uno con l’altro, bisognerebbe rendersi conto insieme che è la malattia a essere la vera causa, cercando di accettare che è imprevedibile.

Quali sono i possibili segnali e quando è meglio chiedere aiuto?

Un primo segnale di sovraccarico, che pochi notano subito, può essere un commento sarcastico nei confronti della persona interessata. Commenti taglienti espressi direttamente o alle spalle che non si sono mai verificati prima. Altri segnali sono la tendenza all’irritabilità, disturbi del sonno o pensieri ossessivi. Quando non c’è più tempo da dedicare alla relazione o alle attività insieme, come una colazione insieme, e quando insorgono insensibilità emotiva e impazienza, bisogna prendere questi segnali sul serio. Il mio consiglio è di chiedere aiuto il prima possibile.

In base alla sua esperienza, cosa può aiutare i familiari che prestano assistenza a riconoscere e comunicare le proprie esigenze e i propri limiti?

È importante pianificare in anticipo e rendersi conto del tipo di supporto che si desidera ricevere in futuro. La relazione c’era già prima della malattia e in questo nuovo contesto bisognerebbe ricordarsi del passato. Che cosa facevo volentieri e quali sono le mie competenze? Queste devono essere riattivate nel miglior modo possibile. Parlare con gli amici, la famiglia e gli specialisti può aiutare e si può e si deve provare qualcosa di nuovo. In una relazione i ruoli e gli schemi non sono fissi, bensì flessibili come la relazione stessa. Può essere utile anche ottenere un punto di vista esterno oppure a volte dire di no e anche accettare il no del proprio interlocutore.

Cosa possono fare le coppie interessate per convivere con la situazione?

Un esercizio per le coppie con una persona con malattia cronica può essere, ad esempio, parlare consapevolmente in modo dignitoso del proprio interlocutore e prestare attenzione alla scelta delle parole. Anziché dire «mi limiti», meglio «la malattia ci limita». È inoltre utile chiarire i bisogni e i sentimenti e comunicarli quando si ha bisogno di qualcosa. Anche piangere e ridere insieme può aiutare. Un altro metodo consiste nel definire una finestra temporale fissa e regolare in cui parlare della malattia, una sorta di «seduta di SM». In questo modo la malattia occupa meno spazio nel resto della quotidianità.

Cosa possono fare i familiari curanti per recuperare le energie?

Può sembrare banale: non dimenticare di godersi la vita, sia in compagnia che durante una pausa tutta per se stessi. Riflettere sugli aspetti positivi e su ciò che diverte e pianificare queste attività. Può trattarsi anche di piccole cose, come una passeggiata o la lettura di un libro. Oppure recarsi al lavoro nonostante la fatica può essere rilassante e portare un po’ di varietà nella vita quotidiana. Infine, è importante scoprire e riconoscere cosa ci fa stare bene e cosa ci dà energia positiva. Alla fine questo si riflette di nuovo nel rapporto.

Andrea Eisler, lic. phil., è psicologa specializzata in psicoterapia FSP e psicoterapeuta certificata nella SM a Basilea.